I detersivi sono la prima causa di danni oculari nei bambini

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La marcata (e spesso erronea) convinzione che il sistema immunitario dei neonati e dei bambini di pochi mesi non si trovi in grado di resistere alla maligna azione prodotta dai batteri che si annidano dentro di casa, ci porta spesso ad anticipare il lieto evento con una scorta di detergenti e detersivi utili a ripulire l’abitazione in ogni recondito angolino e a trasformare la cameretta nel bimbo in una sorta di camera iperbarica privata.

Premesso che i rischi connessi con microbi e batteri che dimorano tra le mura domestiche si trovano ad essere infinitamente minori di quanto l’immaginario collettivo non ritenga, data la naturale tendenza alla loro espulsione presente nel sistema immunitario infantile, non vi è comunque nulla di male nell’opera di pulizia estrema messa in atto dalle neomamme (o dai neopapà ), se non fosse per il fatto che numerosi detersivi e detergenti industriali portano in dote rischi piuttosto ingenti per la salute degli occhi del piccolo.

Se il sistema immunitario infantile è spesso portato a farsi quattro risate di fronte all’attacco di batteri e microbi, la costituzione dell’apparato oculare dei bambini di età compresa tra uno e due anni risulta invece molto più vulnerabile del suo corrispettivo adulto e può facilmente venire sconvolta o alterata dal contatto con solventi, qualora non si mettano in atto le normali precauzioni atte ad impedire l’accesso dei bambini ai prodotti in questione o li si lasci manipolare con troppa nonchalance.

Se la cosa può risultare banale al punto di sembrare ridicola, dato che nessuno sano di mente si sognerebbe mai di lasciare libero accesso ai suoi figli ai prodotti per l’igiene della casa, in una realtà dei fatti che pare infischiarsene di banalità varie, pare invece che la schiera di bambini colpiti da danni irreparabili alla cornea o divenuti addirittura ciechi a causa del contatto con detersivi e detergenti sia sempre più nutrita, al punto da spingere alcuni ricercatori americani a dedicare un apposito studio statistico.

Dato che il compito della scienza èspesso quello di stabilire l’ovvio, un gruppo di ricercatori facenti capo alla Johns Hopkins University Bloomberg School of Public Health di Baltimore si è preso dunque la briga di indagare a fono l’anomalo rapporto che lega i detersivi agli occhi dei bambini, scoprendo un universo sotterraneo piuttosto inquietante.

Lo studio

Basata su evidenze raccolte all’interno dei pronto soccorso e delle strutture pediatriche americane, la ricerca pubblicata sulla rivista di settore Jama Ophtalmology ha preso al vaglio le principali problematiche oculistiche presenti in età infantile e indagato sulle specifiche cause, impiegando i referti clinici in qualità di testimonianze utili ad elaborare una sorta di specifica casistica.

Dall’analisi dei report redatti all’interno delle strutture di riferimento è emerso che la primissima causa di lesioni oculari e cecità riportata durante la fascia d’età compresa tra il primo e il secondo anno di vita risultava proprio da imputarsi a quel contatto, evidentemente poi non tanto banale o accidentale, degli occhi dei bambini coni detergenti che si trovavano malauguratamente troppo alla portata dei bimbi, liberi di scorrazzare dentro casa senza che le normali precauzioni fossero state adottate.

La ricerca condotta prendendo in esame 900 strutture sanitarie americane ha inoltre mostrato come, all’interno della fascia d’età di riferimento, i rischi crescessero in modo esponenziale per i bambini di età compresa tra li 12 e i 18 mesi, per loro natura più portati all’esplorazione degli ambienti domestici e meno propensi a porsi troppe domande di fronte a qualunque cosa attragga la loro attenzione in un dato momento.

A livello squisitamente chimico, la maggior percentuale e la maggiore incidenza dei danni riportati agli occhi dei piccoli è stata provocata da agenti di tipo alcalino, più pericolosi e più persistenti di quelli di tipo acido, rifuggiti al momento dell’acquisto più sulla base di timori legati alla nomenclatura che non sulla base di un reale storico relativo alle bruciature degli occhi.

Valutando infine lo spettro dei danni subiti, a seconda della gravità e della durata del contatto, si è potuta censire una casistica che andava da una serie di disturbi temporanei avvertiti alla cornea, fino a lesioni piuttosto serie localizzate in corrispondenza della retina, andando ad includere numerosi episodi di cecità totale in caso di contatto prolungato con i sopracitati agenti di tipo alcalino.

Come prevenire il fenomeno

La prima ed evidente regola per impedire che vostro figlio si trovi malauguratamente privato delle su facoltà visive a causa di un detersivo per pavimenti consiste nel bandire in modo categorico l’accesso del bambino al prodotto, andando a sincerarci che nemmeno in caso di cataclisma nucleare il bimbo possa mai avere accesso alla confezione incriminata.

Tradotto in una serie di norme squisitamente pratiche, non vi è ragione alcuna per fare affidamento sul fatto che il bambino non si trovi ancora in grado di svitare i tappi o aprire le confezioni, dato che il conseguimento di nuove abilità manuali dopo il primo anno di età è rapido almeno quanto la sequela dei rimpianti che giungono all’indomani del fatidico è troppo tardi e dato che l’apertura di un flacone di candeggina non rappresenta esattamente il terreno ideale per mettere alla prova le abilità euristiche sviluppate dal piccolo genio.

Ricordarsi di riporre sempre i prodotti adibiti alla pulizia della casa in ripiani alti, non raggiungibili nemmeno mediante quelle tecniche di arrampicamento e scalata che denotano il corso della crescita dopo i 18 mesi e di aggiungere ulteriori precauzioni, andando a chiudere gli armadietti con gli appositi security lock presenti in commercio, che dovrebbero garantire la piena tenuta fino al compimento del secondo anno di età, dato che il sistema di chiusura contempla generalmente la coordinazione motoria di entrambe le mani in modo simultaneo e che difficilmente un bimbo al di sotto dei 24 mesi riuscirà nell’intento, anche dopo aver osservato le modalità di esecuzione della pratica.

Gli autori dello studio elaborato dalla John Hopkins University hanno inoltre intenzione di sfruttare i dati ricavati dalla loro ricerca per fare pressione sulle case produttrici di detersivi affinchè introducano composizioni chimiche meno invasive e abrasive e affinchè la componente alcalina del prodotto si trovi ad essere sostituita da ingredienti più naturali e compatibili con un ambiente domestico a prova di bambino.

In caso le aziende produttrici decidano di non prestare orecchio ai moniti universitari e in caso vi siate resi conto che il peggio si è verificato, nonostante l’adozione di ogni precauzione imposta dal buon senso, la prima cosa da fare consiste nel chiamare i soccorsi e nel tamponare l’emergenza andando ad apporre una soluzione di tipo salino (acqua e sale vanno benissimo) sull’occhio del bambino per un tempo minimo di 20 minuti, sfruttando così le proprietà cicatrizzanti del cloruro di sodio per impedire che l’iniziale lesione superficiale si estenda nel bulbo oculare e vada a ledere le zone anatomiche deputate alla corretta visone, vale a dire retina e cornea.

Un ultimo suggerimento: dato che i bambini sono progettati per resistere tranquillamente alla pressione di qualche microbo e batterio, opportuno limitarsi a tenere in casa giusto i prodotti che servono realmente all’opera quotidiana di pulizia, senza munirsi di scorte degne di una camera iperbarica che rischiano di accumularsi e di finire in mano al bambino, costringendolo a rimpiangere quegli innocui germi che gironzolavano per casa tra un’opera di pulizia e l’altra.

 

Fonte: Emergeilfuturo - Data: 5 Agosto 2016

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